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Silk Road: tutta la storia del più famoso marketplace del dark web

23 aprile, 2025

19 min

Silk Road: tutta la storia del più famoso marketplace del dark web
Principiante

La storia di Silk Road, il primo marketplace della storia del dark web, nonchè una delle prime e controverse applicazioni riuscite di Bitcoin

Conosci la storia di SilkRoad? Pochi racconti sono così intrisi di fascino oscuro, ideologia e conseguenze devastanti come quella di Silk Road e del suo fondatore, Ross Ulbricht. Questo ecosistema criminale da 1,2 miliardi di dollari può essere tranquillamente definito “l’Amazon della droga” del dark web ed è stato alimentato quasi esclusivamente da Bitcoin, tanto da essere uno dei primi casi d’uso della criptovaluta. 

Ironia della sorte poi, lo stesso forum online che è stato culla di dibattiti fondamentali per la nascita e la crescita di Bitcoin, BitcoinTalk.org, il luogo dove Satoshi Nakamoto stesso interagiva con i primi pionieri, è diventato anche il teatro digitale dove un errore banale ha piantato i semi per la distruzione dell’impero di Ulbricht.

Il forum che, in un certo senso, ha dato vita a un nuovo sistema monetario ha anche contribuito a smantellare una delle sue applicazioni più controverse. La storia di Silk Road ci mostra come ideali libertari, spinti al limite, si siano fusi con la potenza nascente delle criptovalute per creare un fenomeno tanto innovativo quanto pericoloso.

Come è nato l’impero di Silk Road?

Possiamo iniziare a raccontare la storia di Silk Road presentandovi chi si celava dietro al nome utente dell’admin del sito. “Dread Pirate Roberts” (DPR) era Ross Ulbricht: un giovane texano laureato in fisica, ma con una doppia vita come unico proprietario e gestore di uno dei mercati neri più famosi della storia. 

Per capire Silk Road, bisogna quindi capire Ross. Era un giovane brillante, che voleva a tutti i costi lasciare la sua impronta nel mondo, anche se inizialmente non sapeva bene come. Aveva un’indole profondamente libertaria, quasi anarchica. Era convinto che il governo avesse un potere eccessivo sulla vita dei cittadini e, in particolare, che non avesse il diritto di dire alle persone cosa potessero o non potessero introdurre all’interno del proprio organismo. Come si evince dalla frase che hai appena letto era profondamente interessato al tema della legalizzazione delle droghe.

Questa visione si allinea con il pensiero di figure accademiche insospettabili. Perfino Milton Friedman, premio Nobel per l’economia e noto, tra le altre cose, per aver sapientemente paragonato l’inflazione all’alcolismo, sosteneva che la criminalizzazione delle droghe causasse più danni della droga stessa, alimentando violenza e crimine organizzato legato al mercato nero.

In ogni caso, tralasciando l’aspetto ideologico della questione su cui si può discutere, l’idea alla base di Silk Road era semplice: creare un marketplace online dove chiunque potesse vendere e comprare qualsiasi cosa in totale anonimato, libero da regolamentazioni statali. Il termine “qualsiasi” è, ovviamente, cruciale.

Il traghetto per il mercato sommerso: TOR Browser

Prima di continuare con la storia di Ross, dobbiamo fare una sosta tecnica per conoscere il “traghetto” indispensabile per raggiungere questa Atlantide nascosta di internet: Tor Browser.

Circolano molte voci sulla sua origine. Alcuni dicono sia stato creato dal governo USA (in particolare dalla marina) per comunicazioni segrete e anonime. In effetti, le radici di Tor affondano nel lavoro di ricercatori come Paul Syverson del Naval Research Lab (NRL), insieme a Roger Dingledine e Nick Mathewson del MIT, nei primi anni 2000. A prescindere dai complotti la cosa importante da ricordare riguarda l’idea che sta alla base di questo browser, ovvero l’onion routing.

Per comprenderne il funzionamento puoi immaginare di avvolgere un messaggio (nel caso in cui si tratti di un browser questi coincideranno con i tuoi dati di navigazione) in strati multipli di crittografia, disposti appunto “a cipolla”. Ogni “nodo” della rete Tor (computer gestiti da volontari e dislocati in tutto il mondo) decifra solo uno strato, scoprendo solo l’indirizzo del nodo successivo, non l’origine né la destinazione finale. Solo l’ultimo nodo (il “nodo di uscita”) vede la destinazione finale, ma non sa da chi proviene la richiesta originale. Questo rende estremamente difficile tracciare l’utente. In termini estremamente semplici possiamo dire che l’onion routing non nasconde solamente la tua attività online, ma anche chi sei e da dove sei collegato.

Tor (The Onion Router) è l’implementazione più famosa e, in un certo senso, originale di questo concetto. È un software gratuito e open source tuttora attivo, che permette di navigare su una parte di internet non indicizzata dai motori di ricerca tradizionali (il “dark web”), garantendo un alto livello di anonimato. Paradossalmente, proprio perché è considerato abbastanza sicuro da essere usato anche da agenzie governative e attivisti per comunicazioni riservate, è diventato lo strumento perfetto per chi voleva operare nell’illegalità, come il nascente impero di Silk Road.

Il problema (all’apparenza) irrisolvibile: come farsi pagare?

Ma torniamo alla storia di Silk Road, dopo questa doverosa parentesi dal sapore tecnologico. Bella l’idea di un mercato anonimo su cui vendere e comprare qualsiasi cosa (prevalentemente droga), ma come gestire i pagamenti senza passare per banche e carte di credito, che si sa, sono facilmente tracciabili? La risposta, per Ross, arrivò da un’altra innovazione tecnologica che stava muovendo i primi passi proprio in quel periodo: Bitcoin.

È incredibile quanto la nascita di Bitcoin sia stata un coincidenza favorevole per Ross Ulbricht. D’altronde la prima criptovaluta della storia nasce con l’ambizione di costruire un sistema finanziario decentralizzato, trasparente e pseudo anonimo per gli utenti. 

È chiaro che Satoshi non l’abbia creato per scopi criminali, ma le sue caratteristiche – efficace per processare transazioni peer-to-peer, funzionante in assenza di intermediari, e l’estrema difficoltà di collegare un indirizzo Bitcoin a un’identità reale (almeno all’epoca e senza tecniche di analisi avanzate) – lo hanno reso la valuta perfetta per Silk Road.

Ma non solo, è vero anche il contrario, non si può negare che Silk Road abbia dato una spinta iniziale significativa all’adozione e alla fama di Bitcoin. I primi utilizzatori su larga scala, oltre agli appassionati di crittografia e ai primi miner, furono proprio gli acquirenti e i venditori del dark web, che ne testarono la validità come mezzo di scambio in un contesto reale, anche se illegale, contribuendo alla sua circolazione e alla percezione del suo potenziale.

Tuttavia, per dovere di cronaca, ci teniamo a specificare che oggi Bitcoin è sempre più estraneo a quel mondo oscuro che ha contribuito alla sua iniziale affermazione. Le analisi di Chainalysis indicano infatti che il volume di transazione connesso ad attività illecite costituisce soltanto una piccolissima frazione di quello complessivo, lo 0,34% per quanto riguarda l’intero settore crypto nel 2023.

La fattoria di funghi e l’esplosione di Silk Road

Ok, riprendiamo il filo della storia di Silk Road, e questa volta per davvero. Siamo alla fine del 2010 e Ross Ulbricht ha programmato il suo marketplace, lo ha reso accessibile solo tramite Tor per garantire l’anonimato, e ha capito che Bitcoin sarà la chiave per i pagamenti. Insomma, è tutto pronto. Ma c’è un problema: il marketplace è vuoto e ovviamente nulla funziona. D’altronde chi utilizzerebbe Amazon se non non ci fossero prodotti disponibili?

Come avrai capito leggendo fin qui, Ross era piuttosto sveglio e quindi trova subito la soluzione: diventare il primo venditore. Compra (o trova) una guida su come coltivare funghi allucinogeni – il prodotto perfetto per inaugurare uno store anarchico e anti-proibizionista e inizia a coltivarli lui stesso in un capanno isolato. In pochi mesi, a gennaio 2011, Silk Road viene lanciato ufficialmente, inizialmente con un solo prodotto listato: i funghetti di Ross. Lui ha già predisposto le categorie, sperando che altri venditori seguano l’esempio. Ma come farsi conoscere se il sito non è su Google?

Ross usa il caro e vecchio passaparola, o almeno la sua versione digitale. Frequenta forum a tema allucinogeni (come Shroomery.org) e, fingendosi un utente entusiasta, inizia a tessere le lodi di questo nuovo incredibile sito anonimo dove si può pagare in Bitcoin. Non serve molto. La promessa di poter comprare droghe online, comodamente, pagando in crypto e senza rischi apparenti, è troppo allettante.

Da quel momento, Silk Road esplode in modo “organico”, ovvero grazie al passaparola di utenti soddisfatti. Arrivano i compratori, e subito dopo i venditori, che iniziano a popolare il sito con ogni tipo di sostanza: marijuana, MDMA, cocaina, LSD, eroina. Ross, in arte Dread Pirate Roberts, trattiene una commissione su ogni transazione (variabile, ma in media intorno al 6-10%), pagata ovviamente in Bitcoin. 

Implementa un sistema di rating e recensioni per venditori e prodotti, che gli permette di ridurre al minimo  il livello di insoddisfazione degli acquirenti e dei venditori di Silk Road. In pochi mesi, guadagna centinaia di migliaia di dollari in Bitcoin. Proprio in quel periodo, anche grazie alla domanda generata da Silk Road, Bitcoin inizia la sua prima, timida ascesa, avvicinandosi e superando per la prima volta il simbolico livello di 1$.

La fama, i problemi e la scalata

Come potete intuire la storia di Silk Road inizia ad essere tramandata e in poco tempo l’anarchico marketplace diventa un tema nazionale. Se ne inizia a parlare sui media mainstream, spesso con toni allarmati, associando inevitabilmente Bitcoin al crimine online. Questo attira l’attenzione delle forze dell’ordine, nello specifico quella del Federal Bureau of Investigation (FBI) e della narcotici, la Drug Enforcement Administration (DEA) negli Stati Uniti. Iniziano le prime investigazioni, ma grazie a Tor e alla natura pseudo anonima di Bitcoin, rintracciare Dread Pirate Roberts sembra un’impresa impossibile.

La situazione, per Ross Ulbricht inizia a farsi più complessa anche sul piano personale, e gestire la sua creazione diventa una vera propria impresa. È in questo periodo che compaiono le prime inserzioni di armi, episodio che mette a disagio Ross, ma soprattutto la sua fidanzata dell’epoca. Secondo alcune ricostruzioni, ci fu un episodio in cui un’amica della fidanzata, dopo un “bad trip” provocato da alcune sostanze comprate proprio su Silk Road, denunciò tutto su Facebook, ma Ross e la ragazza riuscirono a farle cancellare il post.Sentendosi meno sicuro e messo alle strette dalla fidanzata (o Silk Road o lei), Ross sceglie Silk Road.

 Inizia a viaggiare per il mondo, gestendo il sito da internet cafè in diverse nazioni, cercando di mantenere un basso profilo. Ma il sito è ormai troppo grande per essere gestito da solo. Bug, dispute tra utenti, richieste di supporto: serve aiuto. Silk Road è una macchina da soldi e il valore di Bitcoin costantemente in crescita amplifica esponenzialmente gli introiti che genera, ma richiede manutenzione costante.

È qui che Ross prende una decisione cruciale: è il momento di rendere quel business milionario più scalabile. In poco tempo recluta un piccolo team (circa 10 persone) direttamente tra gli utenti più fidati e attivi del sito, pagando in Bitcoin per gestire la moderazione, il supporto e altri aspetti operativi. Tutti lavorano in remoto, comunicando tramite chat criptate, senza mai incontrarsi di persona né conoscere le vere identità degli altri.

Con la crescita e l’ovvia necessità di delegare alcune mansioni, però, il controllo di Ross sulla natura del sito si fa più labile, o forse è la sua filosofia libertaria che lo porta ad accettare un’evoluzione inevitabile. 

Oltre alle droghe, iniziano ad apparire prodotti e servizi sempre più inquietanti: veleni, malware potenti, servizi di hacking, documenti contraffatti. Si parla anche di offerte per organi umani e killer su commissione. Riguardo a questi ultimi, Ross ha ovviamente dei dubbi, ma alla fine prevale la sua filosofia originaria: il mercato deve essere totalmente libero, senza censure imposte dall’alto (cioè da lui). Non può ergersi a giudice di cosa sia “accettabile” o meno scambiare.

In questo momento della storia, Silk Road è più di un semplice marketplace: è una community, con un suo forum interno stile Discord, densa di discussioni filosofiche sul libertarismo, sull’anonimato, sulla tecnologia e, ovviamente, su Bitcoin. Molti frequentatori si vedono come pionieri di un nuovo mondo, combattenti per la libertà contro un potere coercitivo che li opprime.

Quanto varrebbe Silk Road oggi?

Al suo apice (tra il 2012 e il 2013), Silk Road contava centinaia di migliaia (forse vicino al milione) di account registrati. Si stima che nel corso dei suoi quasi tre anni di vita, sulla piattaforma siano transitati circa 9,5 milioni di Bitcoin, poco meno della metà dei Bitcoin esistenti (e che mai esisteranno) equivalenti all’epoca a circa 1,2 miliardi di dollari, e un valore odierno di ben 800 miliardi.

Ross Ulbricht, grazie alle commissioni (si stima abbia incassato circa 600.000 BTC), accumulando una fortuna personale digitale che, già allora, valeva decine di milioni di dollari mentre oggi varrebbe miliardi

Quanto varrebbe oggi il tesoro di Ross? È difficile dirlo con esattezza, ma le autorità USA sequestrarono circa 174.000 Bitcoin collegati a lui e al sito. Se quei Bitcoin fossero stati conservati fino ad oggi (aprile 2025), con il prezzo di Bitcoin che ha raggiunto picchi stratosferici, il loro valore sarebbe stato di circa 15 miliardi di dollari.

La Caduta: come è stato scoperto Ross?

La storia di Silk Road sembrava destinata a durare. E Ross Ulbricht sembrava imprendibile, protetto dall’onion routing. Eppure, ad un tratto viene scoperto. E la cosa incredibile è che l’intuizione decisiva che fece emergere tutto non venne da un super-agente dell’FBI o della DEA esperto di cyber crimine, ma da Gary Alford, un investigatore dell’IRS, l’equivalente americano dell’agenzia delle entrate, che è riuscito a tracciare l’attività di Ulbricht proprio sul forum BitcoinTalk.org.

In altre parole possiamo dire, semplificando, che Ross si è fregato da solo, a causa di un errore banale commesso agli albori della sua avventura, proprio nel cuore della community Bitcoin.

Alford ebbe un’idea brillante: invece di cercare di “bucare” Tor o tracciare i Bitcoin (cosa che altri stavano tentando con scarsi risultati), decise di guardare indietro, all’origine di tutto. Si pose una domanda semplice: qual è stata la primissima volta che il nome “Silk Road” è apparso su internet?

Usando la funzione di ricerca per data di Google, trovò i primi post che menzionano il sito. Uno di questi, risalente a gennaio 2011 (pochi giorni dopo il lancio ufficiale), era su un forum dedicato ai funghi allucinogeni (Shroomery.org), firmato da un utente con lo pseudonimo “altoid“. Questo “altoid” promuoveva Silk Road.

Poco dopo, lo stesso “altoid” comparve, appunto, su BitcoinTalk.org. Anche qui, “altoid” tesseva le lodi di Silk Road come applicazione pratica di Bitcoin. Ma qui commise l’errore fatale. In un post successivo sullo stesso forum (datato 27 gennaio 2011), sempre come “altoid”, cercava aiuto in questo modo:

“Sto cercando un professionista IT con esperienza in Bitcoin per aiutarmi con una startup basata su Bitcoin”.

E, per farsi contattare dai candidati, cosa scrisse?

“Potete scrivermi a rossulbricht at gmail dot com“.

Boom. Aveva appena collegato lo pseudonimo “altoid”, il primo promotore di Silk Road su forum chiave, al suo vero nome e alla sua email personale, proprio nel luogo simbolo della nascita della community Bitcoin. Questo fu il bandolo della matassa. Da lì, gli investigatori (ora FBI e DEA erano pienamente coinvolti) iniziarono a scavare:

  • Trovarono altri post di Ulbricht con la stessa email o collegati al suo nome che discutevano di idee libertarie molto simili a quelle espresse da Dread Pirate Roberts (l’admin) sul blog di Silk Road.
  • Notarono uno stile di scrittura particolare, come l’uso della parola “Yea” invece di “Yeah”, presente sia nei post di Ulbricht che nei comunicati di DPR.
  • Tracciarono i suoi movimenti, le sue connessioni internet (scoprirono che si era connesso a una Virtual Private Network (VPN) da un internet cafè vicino a dove viveva a San Francisco, e poco dopo l’IP di quella VPN si era connesso al server di Silk Road), i suoi acquisti (come i documenti falsi che si era procurato per scappare, intercettati alla frontiera canadese).

Gary Alford, guardando dove nessuno aveva pensato di guardare – l’inizio, la prima traccia digitale su un forum Bitcoin – aveva trovato la chiave.le

Il 1° ottobre 2013, l’FBI arrestò Ross Ulbricht nella biblioteca pubblica di Glen Park, a San Francisco. Lo colsero di sorpresa mentre era connesso al suo laptop, loggato come amministratore (“Dread Pirate Roberts”) sul pannello di controllo di Silk Road. Non ebbe nemmeno il tempo di chiudere il computer, consegnando agli agenti l’accesso diretto al cuore del sistema.

Il tesoro nascosto: la caccia ai Bitcoin di Silk Road

Con l’arresto di Ulbricht e la chiusura di Silk Road, si aprì un altro capitolo affascinante per il mondo crypto e per le forze dell’ordine: la caccia al tesoro digitale nascosto dal programmatore. Le autorità americane sapevano che Ulbricht e il sito gestivano un’enorme quantità di Bitcoin, frutto delle commissioni e delle transazioni. Iniziarono così una delle più grandi operazioni di sequestro di criptovalute della storia.

Una parte significativa dei fondi (decine di migliaia di BTC) fu trovata criptata direttamente sul laptop di Ulbricht al momento dell’arresto. Ma il grosso del malloppo era altrove. Attraverso complesse analisi on-chain e, secondo alcune fonti, anche grazie all’hacking del server di Silk Road da parte di un “informatore” (successivamente identificato come “Individual X”, un hacker che aveva rubato fondi dal sito e poi collaborato con le autorità), gli investigatori riuscirono a individuare e prendere il controllo di diversi wallet contenenti decine di migliaia di Bitcoin. In totale, il governo USA mise le mani su circa 174.000 BTC collegati direttamente a Ulbricht e alle casse di Silk Road. Questo senza contare altri sequestri minori da venditori o i fondi (che sommati ammontano ad altri 69.000 BTC circa) rubati dagli stessi agenti corrotti coinvolti nell’indagine, Carl Force e Shaun Bridges, che furono poi scoperti e condannati, aggiungendo un ulteriore strato di scandalo e complessità alla vicenda.

Cosa ne è stato di questo tesoro digitale, uno dei più grandi HODL governativi involontari della storia? Il governo non li ha tenuti a lungo. Tra il 2014 e il 2015, lo U.S. Marshals Service organizzò diverse aste pubbliche per vendere i Bitcoin sequestrati. Queste aste attirarono l’attenzione di investitori e pionieri del settore crypto, diventando eventi iconici. Il venture capitalist Tim Draper divenne famoso per essersi aggiudicato un blocco consistente di quasi 30.000 BTC nella prima asta, mostrando fiducia nel futuro di Bitcoin nonostante la sua associazione al marketplace del dark web. All’epoca, la vendita complessiva dei 174.000 BTC fruttò al governo circa 150 milioni di dollari. Oggi, quel quantitativo di Bitcoin varrebbe svariati miliardi, sottolineando ancora una volta l’incredibile volatilità e crescita del mercato che Silk Road, nel bene e nel male, contribuì a lanciare e testare sul campo.

Il processo, la condanna e l’eredità controversa

Il processo fu molto seguito e controverso. Ulbricht fu accusato di traffico di droga, hacking, riciclaggio di denaro e di aver gestito un’impresa criminale. Le accuse includevano anche l’aver commissionato (ma mai portato a termine) sei omicidi su commissione per eliminare ex collaboratori o utenti problematici. Anche se nessuna delle persone target fu effettivamente uccisa, e le prove su questo punto furono contestate dalla difesa, queste accuse pesarono enormemente.

Nel febbraio 2015, Ross Ulbricht fu giudicato colpevole per tutti i capi d’accusa principali e condannato a due ergastoli più 40 anni di prigione, senza possibilità di libertà condizionale. Una sentenza durissima, che molti nel mondo crypto e libertario considerarono sproporzionata.

Da allora è nata una campagna “Free Ross”, sostenuta dalla sua famiglia e da molti attivisti, che chiede la grazia o una riduzione della pena. Argomentando che il processo non sia stato equo (a causa degli agenti corrotti), che le accuse di omicidio su commissione (mai avvenuti) non avrebbero dovuto influenzare così pesantemente la sentenza per reati non violenti, e che la pena sia eccessiva per un crimine informatico legato a un esperimento, per quanto illegale, basato su ideali libertari e sull’uso di una tecnologia emergente come Bitcoin. Tutto questo fino a gennaio, quando Ross Ulbricht è stato “liberato” dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che gli ha concesso la grazia.

Come abbiamo imparato da questa storia l’eredità di Silk Road è complessa e profondamente legata alla storia delle criptovalute. Ha dimostrato la fattibilità (e i pericoli) di mercati anonimi su larga scala, spianando la strada a numerosi successori nel dark web. Ma ha anche giocato un ruolo cruciale e controverso nella storia iniziale di Bitcoin, forzandone l’uso pratico e l’attenzione mediatica, ma anche marchiandolo negativamente agli occhi del pubblico e dei regolatori. E ha lasciato aperta una discussione difficile sui limiti della libertà online, sull’etica della decentralizzazione, sulla regolamentazione delle crypto e sulla proporzionalità delle pene nell’era digitale. La storia di Silk Road rimane un potente, oscuro capitolo nella saga di Bitcoin e un monito su come ideali, tecnologia e ambizione possano intrecciarsi in modi imprevedibili.

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