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Bitcoin: fake news e luoghi comuni

26 novembre, 2021

6 min

Bitcoin: fake news e luoghi comuni
Principiante

Da tempo, Bitcoin funge da ottimo capro espiatorio per tutto ciò che accade online e nella zona grigia della finanza. Questo perché non è compreso come innovazione, e viene invece frainteso come il gioco di qualche hacker misterioso.

Smentiamo queste narrative semplicistiche una per una.

Cybercriminali e cryptolocker non hanno bisogno di Bitcoin

Uno dei più importanti e diffusi luoghi comuni è che gli hacker di tutto il mondo, quando compiono le loro operazioni di cyber crimine, lo utilizzino come mezzo di pagamento per il loro riscatto. 

L’operazione classica è il cryptolocker, una tipologia di virus informatico chiamato “ransomware” che cifra tutti i dati del computer vittima e lo blocca completamente. I criminali quindi richiedono il pagamento di un riscatto per sbloccare il computer della vittima, si stima che circa il 3% degli utenti effettivamente paga.

Il primo ransomware è stato scoperto nel 1989, addirittura prima dell’avvento della email, venne distribuito attraverso floppy disk ed il riscatto si pagava in dollari, inviando la somma presso un ufficio situato nello stato di Panama. 

Quindi i cryptolocker non sono di certo un’invenzione recente e non sono legati a doppio filo a Bitcoin. Se vengono utilizzati come mezzo di pagamento è per il fatto che le autorità spesso non hanno ancora le competenze per tracciare le transazioni su blockchain, e i criminali di solito eseguono multiple transazioni per complicare il tracciamento

Bitcoin in realtà è solo pseudonima, ma esistono alcune monete che invece sono del tutto anonime, come Monero.

grafico criptovalute inviate da criminali

Bitcoin e la gaffe del giornale Deutsche Welle

Il giornale tedesco Deutsche Welle pubblicò nel 2015 un articolo scoop dove si voleva dimostrare che degli attentati terroristici erano stati finanziati con Bitcoin in quanto erano stati trovati dei Wallet legati all’ISIS. La verità dopo poco venne fuori e si dimostrò che non esisteva alcuna correlazione tra wallet, attentati terroristici e ISIS. Il giornale e l’autore dell’articolo si scusarono pubblicamente su twitter (il tweet è stato cancellato) dando la colpa ad un errore tecnico da parte redazione che aggiunse alcuni termini ambigui, questi causa quindi di una errata interpretazione da parte dei lettori e anche di altri media che ripresero la notizia.

Ad oggi, che possa esserci una correlazione tra il terrorismo e Bitcoin non si può dimostrare ma nemmeno certamente escludere, quello che invece è assolutamente sicuro è il fatto che il Dollaro venga da decenni utilizzato per finanziare questa tipologia di operazioni. 

L’Europol stessa ha smentito in un report il finanziamento dell’ISIS attraverso Bitcoin, non ci sono evidenze o segnalazioni dagli organi di Polizia.

Bitcoin non facilita il riciclaggio di denaro

Un altro luogo comune su Bitcoin, spesso alimentato dalle banche centrali o da istituzioni finanziarie con interessi contrari alla decentralizzazione, è che venga utilizzato per il riciclaggio o auto-riciclaggio di denaro.

Partendo dal presupposto che qualsiasi tecnologia può essere utilizzata in maniera corretta oppure illecita, tuttavia questo non va ad influenzare la bontà della tecnologia stessa. Bitcoin si basa su un registro distribuito e immutabile che è liberamente consultabile da chiunque, ma l’unico modo per risalire all’identità effettiva di chi possiede i wallet è il tracciamento dell’indirizzo IP o di altri identificativi univoci dell’identità digitale.

Queste caratteristiche rendono Bitcoin estremamente trasparente per le autorità, non è quindi di certo lo strumento ideale per chi effettua riciclaggio di denaro. Le valute fiat si prestano molto meglio a questo scopo perchè la tracciabilità viene fortemente oscurata da cavilli legali, giurisdizioni off-shore o prestanomi di vario tipo (aziende, persone fisiche, fondazioni e ONG), infatti ad oggi quasi tutto il riciclaggio di denaro viene effettuato tramite conti bancari o portafogli elettronici basati sulla moneta fiat.

Bitcoin non serve all’evasione fiscale

Parallelamente al luogo comune sul riciclaggio, esiste anche quello legato all’evasione fiscale. Certamente in alcuni Paesi con una normativa fiscale e controlli scarsi è possibile sfruttare la blockchain per questo, tuttavia è molto complicato e rischioso.

Quando si parla di evasione, generalmente ci si riferisce all’imposta sul capital gain cioè quella che va a colpire le plusvalenze derivanti dagli investimenti finanziari, ma ci si riferisce anche all’evasione delle imposte sui redditi d’impresa o fisici.

Il fatto è che ad oggi per poter effettivamente evadere le imposte si dovrebbe poter spendere bitcoin per beni e servizi che si utilizzano quotidianamente e questo è raro in quanto ancora poche aziende accettano pagamenti tramite questo strumento. In ogni caso, anche se un domani Bitcoin dovesse diventare un mezzo di pagamento diffuso e utilizzato quotidianamente, le transazioni sarebbero comunque tracciabili dalle istituzioni fiscali.

Il contante invece è di gran lunga più efficace perché offre il totale anonimato delle transazioni e del possesso. Inoltre sempre restando sui pagamenti elettronici, è più conveniente (ed infatti estremamente utilizzato dagli evasori) lo sfruttamento di giurisdizioni e paradisi fiscali che garantiscono l’offuscamento delle informazioni legate alla propria identità così da non fornire informazioni utili al fisco per stanare gli evasori.

Bitcoin non è uno schema Ponzi

Uno dei miti che persiste fin dalla nascita di Bitcoin è quello di essere un sofisticato schema Ponzi

Uno schema Ponzi ha la caratteristica di non avere un reale valore da offrire, tutto l’interesse da parte degli investitori è basato sull’hype e l’avidità. Inoltre per evitare che lo schema collassi i suoi creatori utilizzano una struttura piramidale di investimento in cui i nuovi entrati nello schema pagano una quota per garantire i guadagni agli investitori entrati in precedenza.

L’apice della piramide rappresenta i creatori dello schema e la base della piramide rappresenta tutte le persone entrate per ultime. Quindi non si investe su un business o su uno strumento finanziario, ma si pagano dei truffatori.

Per Bitcoin non è così. La blockchain di Bitcoin è una tecnologia di pagamento: a sua proposta innovativa, la sua scarsità e la crescente adozione anche a livello istituzionale ne giustificano il prezzo di mercato. 

A differenza degli schemi Ponzi, inoltre, non è presente nessuna struttura a piramide perché la criptovaluta è in grado di sostenersi autonomamente e in modo decentralizzato. Non è necessaria l’affluenza esponenziale di persone e capitali per finanziare i complici ed evitare il collasso.

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