La storia dei domini internet: da ARPANET al Web3
26 gennaio, 2023
10 min
Il web non è sempre stato la fonte inesauribile di informazioni che oggi conosciamo, un tempo l’infinito network di risorse e servizi era una rete di pochi computer. Sin dal principio della storia di internet, tuttavia, i nomi di dominio sono stati protagonisti: le dinamiche riguardo la loro gestione, compravendita e utilizzo hanno caratterizzato più di 50 anni. Partendo dalla creazione dell’ARPANET, affronteremo le fasi iniziali di internet, superando la bolla delle dotcom per arrivare ai domini NFT.
ARPANET e DNS: il prequel della storia dei domini internet
Uno degli eventi cruciali nella storia dei domini internet è sicuramente la bolla delle dot com di inizio millennio, ma per spiegarne motivi e meccanismi dobbiamo riavvolgere ancora un po’ il nastro. 29 ottobre 1969: Charley Kline, alle 22:30 di Los Angeles, invia il primo messaggio attraverso l’ARPANET, il network di computer creato dall’U.S. Defence Advanced Resource Projects Agency (DARPA).
Charley Kline riuscì ad inviare la sola sillaba “Lo” prima che il sistema crashasse; la parola completa “Login” fu recapitata qualche ora dopo ad un server dello Stanford Research Institute, che gli permise così di accedere all’ARPANET e, metaforicamente, all’era “online”. Questa rete di 4 computer, ideata già nel 1967, infatti è la forma embrionale di internet: evolvendosi, stimolerà il periodo fortemente speculativo di 40 anni dopo, creatosi attorno ai domini “dot com”.
L’ARPANET ci introduce, dunque, alla storia dei domini internet, proprio perché risolvendo le difficolt à di utilizzo di questo network è nato il sistema che tuttora usiamo. In questa primordiale rete informatica, ad ogni computer era assegnato un unico codice numerico, associato poi ad un nome per permettere la comunicazione tra dispositivi. Queste corrispondenze erano recuperate ogni volta da un solo registro (HOSTS.TXT), ma questo processo centralizzato limitava enormemente l’espansione della rete. Un unico database, infatti, non avrebbe potuto rispondere a centinaia (ora miliardi) di richieste contemporaneamente.
Curiosità
Gli indirizzi IP derivano dal sistema dei socket number, proposti da Jon Postel nel 1972 per identificare univocamente le risorse su internet. In pratica, sono codici composti da quattro gruppi di tre cifre (da 0 a 255), in cui ogni fattore è associato a particolari funzioni e informazioni. Questo registro diventerà la base per la IANA (Internet Assigned Numbers Authority), creata nel 1988 per allocare gli IP globalmente ed oggi dipartimento dell’ICANN.
Nel 1983, quindi, venne adottato un meccanismo alternativo, basato su server distribuiti: l’odierno Domain Name System (DNS). In pratica, il DNS è una struttura gerarchica composta da diversi database, ognuno dei quali gestisce un preciso nome e livello dei domini. Questi, infatti, sono organizzati in più “subordinate”: in academy.youngplatform.com ne possiamo riconoscere addirittura 3. A partire dal Top Level Domain (TLD) “.com” a destra, il DNS “cerca” sempre più nello specifico, così da trovare l’indirizzo IP associato al preciso nome di dominio; in questo modo, è possibile individuare il server host da cui recuperare i contenuti del relativo sito web.
Nel 1984, l’Università del Wisconsin crea il primo nameserver DNS e vengono rilasciati 7 domini internet di primo livello (TLD):
- .com: in origine dedicato a entità commerciali, ora è il più diffuso e usato per gli scopi più disparati;
- .org: pensato per organizzazioni senza scopo di lucro;
- .net: riservato alle tecnologie di rete e ai network distribuiti di computer;
- .int: limitato alle organizzazioni, aziende e progetti attivi a livello internazionale (due o più paesi). L’emissione di questa estensione è stata richiesta dalla NATO stessa;
- .edu: enti che svolgono attività educative negli USA, come università e college;
- .gov: enti governativi, ma solo statunitensi;
- .mil: organizzazioni militari del dipartimento di difesa degli Stati Uniti.
La storia dei domini internet comincia negli USA, perciò non dobbiamo stupirci che i primi TLD fossero limitati a realtà americane. Infatti, la prima organizzazione a registrare un nome di dominio è la stessa DARPA: il 1 gennaio 1985 acquisisce il dominio darpa nelle estensioni .net, .org, .gov, .edu, .mil e .arpa. Il 15 marzo, invece, un’azienda produttrice di computer del Massachusetts registra il primo dominio “dot com”: Symbolics.com, il sito oggi è una sorta di “vetrina” per la storia di internet.
Curiosità
Inizialmente, i browser indirizzavano di default verso nomi di dominio con TLD .com. Questo meccanismo non durò molto, ma contribuì a dare priorità al dot com rispetto agli altri TLD; ad oggi, infatti, l’estensione .com è la più utilizzata.
La bolla delle “dotcom”
Il 24 febbraio 1986 la registrazione dei domini fu aperta a tutti e gratuitamente, perché sovvenzionata dalla National Science Foundation (NSF), un’agenzia del governo USA, attraverso la già citata IANA. In precedenza, infatti, solo le organizzazioni già partecipanti all’ARPANET potevano acquisire un nome di dominio. La rete, dunque, cominciò ad espandersi, finchè venne collegata al network della NSF a fine anni ‘80: l’intreccio risultante, più ampio, venne dunque chiamato Internet. Poco dopo, nel 1991, Tim Berners Lee lavorando al CERN creò il World Wide Web (WWW), la rete che tuttora usiamo.
Presto fu necessario creare un nuovo organo centrale, in grado di gestire i flussi del nascente internet. Così, nel 1993, venne fondato l’InterNIC, nato dalla fusione tra la IANA e la NSF, e gli venne affidata la gestione del Domain Name System. Proprio l’InterNIC, nel 1995, rese a pagamento la registrazione dei domini internet, fissando il prezzo di un abbonamento annuale a 50$. Questo sancì l’inizio della storia “moderna” dei domini internet, forse più propriamente segnato dalla registrazione di google.com nel 1997; in ogni caso, nello stesso anno i nomi a 3 lettere nell’estensione “dot com” erano già esauriti.
Curiosità
Il nome di dominio Google, in realtà, doveva essere Googol; questo termine deriva dalla matematica e riconosce 10 alla potenza di 100 (1 seguito da 100 zeri). Il nome venne suggerito al co-fondatore Larry Page dal compagno di corso Sean. Quest’ultimo, però, al momento della registrazione del dominio, non sapeva l’ortografia corretta di “Googol” e così acquistò per errore Google.com.
Nel 1998 si decise di privatizzare la gestione del sistema, fino a quel momento di fatto in mano al governo degli Stati Uniti. Venne dunque fondata l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN), l’organizzazione no-profit che ha sostituito l’InterNIC nel controllo del DNS, delegando la vendita e registrazione dei domini internet a Registrar e Registry. Questo cambiamento ha reso internet più accessibile, libero ma soprattutto competitivo. Alcune aziende, infatti, si contesero il nuovo mercato dei nomi di dominio, al fine di accaparrarsi la gestione dei Top Level Domain. Altre, invece, cercarono di costruire nuovi business su internet, rappresentati da domini .com: è in questo contesto che si sviluppò la cosiddetta “bolla delle dotcom”.
Immaginiamo gli Stati Uniti alla fine degli anni ‘90: il panorama economico era caratterizzato da una grande espansione, permessa da tassi di interesse bassi e dal declino dell’inflazione. Questo facilitava l’accesso al denaro attraverso i prestiti: enormi capitali finanziavano la nascita di startup basate sulle potenzialità di internet, per questo chiamate dot com. Gli investitori nel settore informatico, certi dei profitti futuri, acquistavano azioni di società che spesso non erano altro che un’idea, o solamente elaborate strategie di marketing, in assenza di un prodotto finito. FOMO e speculazione cominciarono quindi a gonfiare le valutazioni di queste realtà, portando l’indice NASDAQ da 1000 punti nel 1995 a più di 5000 punti nel marzo del 2000: in breve, si creò la bolla delle dotcom.
Nasdaq
Il Nasdaq (National Association of Securities Dealers Automated Quotation) è un mercato azionario americano, oltre ad essere stato il primo esempio di borsa esclusivamente elettronica, dunque basata su una rete di computer.
Seguendo il motto Get big fast, le dotcom cercarono di costruire marchi forti attraverso pubblicità e promozione, o addirittura offrendo prodotti e servizi gratis, nella speranza di accaparrarsi una “fetta” del mercato di internet. Questo avrebbe permesso loro di ottenere una base di clienti abbastanza grande da generare profitti in seguito, ma solo aumentando i prezzi. I capitali iniziali, tuttavia, presto si esaurirono e quindi la maggior parte delle società senza un business plan fallirono: le relative azioni persero velocemente valore, portando allo scoppio della bolla delle dotcom.
I domini NFT: dal .com al .crypto
La storia dei domini internet, però, non si arrestò: nel Novembre 2000 vennero selezionati 7 nuovi generic TLD, introdotti gradualmente tra il 2001 e il 2002, tra cui .biz (business), .info e .coop (cooperative). Nel 2003, poi, se ne aggiunsero altri 6, come .jobs, .tel e .mobi, quest’ultimo per i siti internet consultabili dai primi dispositivi mobili.
È facile immaginare che parole e frasi molto cercate e comuni, come business, travel o sport, siano desiderate da molti investitori o imprenditori del web. Costruire un sito web su questi nomi di dominio di secondo livello (SLD), seguiti da qualsiasi estensione, garantirebbe milioni di visite. Quindi alcuni domini rappresentano, ancora oggi, una vera occasione di profitto; per questo motivo, sono sempre stati oggetto di speculazione. Registrare domini al costo di pochi dollari per rivenderli a cifre esorbitanti (domain flipping) presto entrò nell’interesse di molti, come Mike Mann che nel 2012 acquistò a tale scopo 14.962 nomi di dominio in 24 ore.
Curiosità
Tra i 10 nomi di dominio più costosi troviamo Cars.com (872 milioni di dollari), lasvegas.com (90 milioni di dollari) ma anche nfts.com (15 milioni di dollari). Crypto.com e Sex.com, tra questi, meritano una classifica a parte, per le storie da romanzo delle relative vendite.
A dicembre 2013, sono stati esauriti i nomi di dominio .com a 4 lettere, ma lo stesso anno vennero emessi altri 100 gTLD, seguiti nel 2018 da altri 1000. Oggi le estensioni sono più di 1500 e le combinazioni di parole potenzialmente infinite, tutte sottostanti al medesimo meccanismo del DNS, o quasi. D’ora in poi, infatti, la storia non si ripeterà sempre uguale a se stessa, perché ha recentemente avuto un risvolto “crypto”: alcuni provider si sono resi indipendenti dall’ICANN, emettendo domini internet su blockchain. Freename, Unstoppable Domains e Ethereum Name Service (ENS) sono esempi di questo nuovo tipo di registrar, che creano e vendono domini NFT, basati sulla tecnologia degli smart contract. Le loro estensioni esaltano l’appartenenza al Web3: abbiamo .crypto, .nft, .blockchain, .bitcoin e molti altri TLD dedicati al mondo crypto.
In poche parole, i domini NFT sono nomi registrati su blockchain, posseduti sotto forma di token non fungibili, in modo da verificare e tracciare la proprietà. Puoi associarli al tuo wallet, così da creare la tua identità digitale, crearci un sito web decentralizzato oppure semplicemente rivenderli. La storia dei domini internet, quindi, è tutt’altro che finita: continua nel Web3, aprendo alle potenzialità comuni alle criptovalute; pronto a scoprire i 10 modi per utilizzare il tuo dominio NFT?