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Che cos’è un utility token?

13 maggio, 2022

8 min

Che cos’è un utility token?
Principiante

Le criptovalute possono essere classificate in due grandi gruppi: coin, native di una blockchain, e token, basati su standard di terzi (come l’ERC-20). A prescindere dal mercato, il valore intrinseco del token dipende sia dalla tecnologia su cui si basa che dal particolare uso nell’ecosistema corrispondente. Se le coin generalmente hanno una funzione transazionale, i token hanno vari scopi: utility token, security token, equity token, token non fungibili (NFT), governance token, social token. Come distinguerli e riconoscere il fine? Scopri 3 esempi di token d’utilità.

Qual è la differenza tra token e coin?

Una criptovaluta è anche chiamata coin quando è nativa della blockchain su cui si basa, o, da un altro punto di vista, quando lo stesso team ha sviluppato sia il protocollo della blockchain che lo smart contract della sua criptovaluta per lo stesso scopo. Ad esempio, Ether è la coin nativa di Ethereum. Una coin di solito funge principalmente da moneta digitale, ovvero è pensata per effettuare pagamenti. Il suo scopo è simile a quello del denaro: rappresentare un’unità di conto, una riserva di valore e un mezzo di scambio. 

Tuttavia, i limiti alla scalabilità, ad esempio in Bitcoin, ostacolano questa definizione: l’effettiva scambiabilità è ridotta a poche transazioni al secondo (tps), a meno di sfruttare soluzioni terze come il Lightning Network. I fork di BTC, come Litecoin e Bitcoin Cash, hanno affrontato queste barriere, ma solo nella DeFi troviamo volumi competitivi (in Solana e Avalanche, ad esempio).

La blockchain di Ethereum, oltre ad avere una coin nativa (ETH), ospita la maggior parte dei token crypto in circolazione: lo standard ERC-20 permette la creazione di smart contract che regolano l’emissione e la circolazione dei token. 

Per semplificare, possiamo suddividere i token in due macro-categorie: asset token e utility token.

I cosiddetti “asset token” sono di tre tipologie: 

  • Equity token, paragonabili ad azioni societarie le cui quote vengono registrate su blockchain; 
  • Security token, un’altra forma di partecipazione ai profitti di un’impresa che però non prevede la proprietà di quote; 
  • Token non fungibili (NFT), i cui smart contract certificano unicità e proprietà. 

La seconda tipologia di token, invece, apre all’uso delle soluzioni blockchain: sono definiti utility token, progettati per disciplinare le funzionalità DeFi. Un token d’utilità è, infatti, un mezzo per accedere a dei servizi in un ecosistema crypto. 

è possibile definire 3 principali scopi da cui i relativi utility token:

  • Exchange token, che trovano diverse applicazioni in una piattaforma di compravendita o, più in generale, nell’ecosistema che la circonda. Ad esempio, vengono usati per pagare le commissioni di transazione 
  • Governance token, pensati per democratizzare il voto degli holder nello sviluppo di un progetto 
  • Social token, permettono di distribuire la proprietà del valore creato da una community, oltre a fidelizzare i partecipanti ad un brand.

Tuttavia, è spesso oggetto di discussione la distinzione tra utility e security token: questi ultimi devono rispondere a rigidi obblighi normativi che richiedono lunghi processi burocratici, e la cui violazione implica pesanti sanzioni, mentre i token d’utilità non richiedono particolari procedure. Questo ha generato parecchie incomprensioni, soprattutto attorno alle ICO (un metodo per distribuire token), e casi giudiziari, come quello che vede interessate Ripple e la Securities and Exchange Commission (SEC), l’agenzia che vigila la borsa valori degli Stati Uniti. 

Quindi, per rispondere alla domanda “Che cos’è un utility token” possiamo fare riferimento all’ “Howey Test”, il criterio applicato dalla SEC.

criptovalute

Come distinguere un Utility token da un Security token

Un’impresa potrebbe emettere token per distribuire, tra i compratori, alcuni privilegi futuri legati ad applicazioni della tecnologia blockchain. Tuttavia, se una ICO fosse accompagnata da promesse di profitto legate agli sviluppi del progetto, un’utility si trasformerebbe in security, almeno agli occhi delle autorità. Questo perché, la SEC definisce security: “un investimento di denaro in un’impresa comune con una ragionevole aspettativa di profitti derivanti dagli sforzi di altri”.

Questo è, in breve, l’enunciato dell’Howey test che, chiarendo cosa sia una security, ci permette di distinguere i token di utilità: l’obiettivo del loro acquisto è l’accesso all’ecosistema che il token stesso regola, non il profitto. Tuttavia, l’aumento della richiesta e lo sviluppo di nuove funzionalità connesse potrebbero accrescere il valore degli utility, soprattutto se accompagnati da una tokenomics deflazionaria. 

Infine, si potrebbe interpretare quel “gli sforzi di altri” come il ruolo manageriale dei fondatori nel guidare la crescita del progetto e quindi dei profitti. Il team fondatore, almeno in una fase iniziale, è logico che governi il progetto, tuttavia gli “sforzi” essenziali a sviluppare un utility token non sono necessariamente volti all’aumento del prezzo. Poniamo, però, che questa sia l’interpretazione usata dalla SEC: affidare il management a una Decentralized Autonomous Organization non sarebbe comunque una soluzione per aggirare la lunga burocrazia legata alle security, infatti i token legati alle DAO sono già stati classificati security nel 2017.

Curiosità. Il nome di “Howey” deriva da un emblematico caso giudiziario della SEC: l’Howey Company vendeva appezzamenti di agrumeti ad acquirenti in Florida, che poi affittavano il terreno all’azienda stessa. Howey vendeva i frutti della terra per conto dei proprietari: la maggior parte di questi non aveva esperienza in agricoltura, ma condivideva i profitti. Ciò portò alla definizione di “security”.

La regolamentazione, dunque, non è semplice, tanto che Jay Clayton, presidente della SEC fino al 2020, ha dichiarato che “ogni ICO potrebbe essere classificata come vendita di security”. Quindi, l’etichetta di utility potrebbe essere difficile da mantenere legalmente, sebbene tecnicamente questi token diano solo accesso a servizi. 

Lo stesso Clayton, nel 2018, ha affermato che Bitcoin, sostituendo le valute nazionali, è un tipo di moneta e non una security. Tuttavia dal 2020, la SEC battaglia con Ripple per la definizione di XRP come security token, sebbene sia una coin al pari di BTC ed ETH e l’azienda abbia chiarito che la loro criptovaluta non sia un investimento: gli holder non partecipano in alcun modo ai profitti della società, se non comprando azioni della stessa.

La decisione finale sarà cruciale, e non solo per Ripple: tutte le criptovalute, coin e token, hanno bisogno di leggi più chiare per favorire l’adozione della tecnologia blockchain!

Come funziona un utility token?

Gli esempi seguenti di utility token ti aiuteranno a comprenderne i meccanismi:

CHZ è il token d’utilità di Chiliz, con cui, sulla piattaforma Socios.com, è possibile acquistare Fan Token, un ibrido tra “governance” e “ricompensa” per il mondo dello sport. Questi, infatti, permettono di votare in sondaggi indetti dalle società sportive, oppure di partecipare ad esperienze uniche. Ad esempio, il token INTER ha permesso ai possessori di scegliere quale canzone dovesse “apparire” sulle maglie dei giocatori durante la finale di Supercoppa 21/22. A seguito del voto, un codice QR per l’inno “C’è solo l’Inter” ha accompagnato la squadra alla vittoria. L’utility token CHZ è la chiave d’accesso a questi servizi: nato dallo standard Ethereum ERC-20, è compatibile con la BNB Chain sfruttando l’estensione allo standard BEP-20.

Il Basic Attention Token (BAT), invece, è l’utility token innestato nel browser di Brave per rendere il Web più veloce, sicuro e privato. Non solo, questo token ERC-20 ha diversi scopi: ricompensare gli utenti per gli annunci che scelgono di vedere (Brave Ads), creare un sistema di donazioni con cui premiare i content creator ed infine distribuire automaticamente incentivi alle pagine web, in base al tempo di visualizzazione (feature opzionale, disattivabile dai fruitori). Inoltre, nel futuro, i BAT verranno usati per riscuotere contenuti premium, carte regalo e per l’accesso a servizi di messaggistica, giochi e social.

GRT, infine, è il combustibile per l’ecosistema The Graph: un network dai molteplici partecipanti che si rapportano, a vario titolo, con l’utility token. La missione del protocollo è l’indicizzazione dei dati presenti nelle blockchain, immensi archivi decentralizzati da cui è complesso ricavare precise informazioni. Diversi personaggi contribuiscono alla missione e vengono ricompensati in GRT: gli indexer, che mettendo in staking GRT indicizzano i dati; i curator, che depositando GRT, forniscono le indicazioni per raggruppare le informazioni in “subgraph”; i fisherman e gli arbitrator, “sentinelle” che controllano il buon funzionamento del sistema. C’è poi chi delega i propri utility agli indexer e chi effettivamente sfrutta le query The Graph, pagando il servizio con GRT.

Quanti casi d’uso hanno gli utility token? Potenzialmente infiniti: scopri quelli del token YNG, alla base dell’intero ecosistema di Young Platform!

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